Mi specchio nell'incavo di un cucchiaio,
il cucchiaino da caffè, col quale
giro lo zucchero. Riflesso appaio
opaco e capovolto in quell'ovale.
I muri lì dentro si fanno obliqui
e il soffitto precipita nel manico
e come in fondo a una clessidra il liquido
ormai preterito. Mi prende il panico
tremo e mi sento accelerare il cuore
e passano attimi che sembrano ore
e vite. Mentre tremola la fiamma
dell'accendino il mio ritratto annera.
Mi torna in mente un tintinnio; com'era
buono il caffè che mi faceva mamma.